I volontari

Via Santuario 3, Mariano di Dalmine
I volontari - Mariano di Dalmine

Prima testimonianza

Il mio piccolo contributo alla comunità per minori Il Guado, lo do incontrando di tanto in tanto i ragazzi. La frequentazione mi ha portato a capire che questi giovani hanno in loro una gran voglia di riscatto e di vivere con determinazione, coraggio e curiosità, anche se non è facile per loro accettare la differenza di quotidianità rispetto ai coetanei.
Io non vivo la casa famiglia. Ogni tanto passo a prendere i ragazzi e insieme andiamo fare qualcosa di piacevole, un’uscita in qualche città, ad esempio. Una domenica siamo stati a Milano con due ragazzi, la famiglia di Serena e la mia. C’è un forte affiatamento tra mio figlio Michele, Filippo e loro due, stanno proprio volentieri insieme. Abbiamo preso la metro e subito si sono mostrati entusiasti. Quando siamo arrivati in centro, il più grande sapeva alcune curiosità del Castello Sforzesco e le ha raccontate anche a noi. Ci siamo fermati in vari punti della città. Sono rimasti stupiti dalla Galleria Vittorio Emanuele e dall’albero di Natale. Percepisco il loro interesse, la voglia di sapere che hanno di fronte alle bellezze naturali e artistiche. Chiedono e osservano e nei loro occhi vedo sempre entusiasmo.

Questa esperienza sta cambiando anche i nostri figli. Infatti, hanno imparato a condividere i giochi, gli spazi e, soprattutto, le nostre attenzioni.

Seconda Testimonianza

È sempre piacevole passare dei momenti felici insieme.
Anche se indaffarati, come tutti, tra lavoro e figli, a me e a mio marito non è mai passata la voglia di aprire la nostra casa a esperienze nuove. Quale occasione migliore per ospitare dei ragazzi che abitano nel nostro paese e che per motivi vari si ritrovano catapultati in un contesto non più famigliare ma di comunità? Il timore di non essere all’altezza o di non riuscire a trasmettere un po’ di serenità ci ha fatto approcciare questa esperienza in punta di piedi. Con noi, i ragazzi della Comunità che lo desiderano possono passare delle giornate, o parte del loro tempo, in modo spensierato e ludico. Noi non chiediamo niente, ci basta vederli ridere e a noi basta ridere con loro.

Penso ormai, dopo due anni di collaborazione con la Comunità del Guado, di aver conosciuto quasi tutti i ragazzi accolti. Ognuno con la propria storia e personalità, tutti in cerca di piccole briciole d’amore e di sentirsi importanti e unici per qualcuno.
Ricordo ancora la prima volta che un ragazzino che aveva cominciato a frequentare casa nostra accettò che io lo accompagnassi non solo in fondo alle scale dell’ingresso della sua residenza, ma anche dentro. Fino a quel momento mi aveva salutato in modo frettoloso e aspettava che io me ne andassi prima di salire e entrare. Forse voleva che il nostro spazio insieme rimanesse diviso dalla sua quotidianità. Con il tempo mi sono guadagnata la possibilità di salire parte della scala e poi, finalmente, un pomeriggio, al rientro, gli ho chiesto se potevo entrare a salutare gli educatori. Senza che lui fosse troppo entusiasta, ho aperto la porta e mi ha accolto un chiacchiericcio fitto fitto proveniente dalle stanze. Mi sono presentata agli educatori e piano piano dalle stanze sono usciti, molto cauti, tutti i ragazzi, forse, incuriositi da una voce sconosciuta. La cucina si è subito riempita di ragazzi che si sono presentati e mi hanno accolto con calore. Da allora io o mio marito ci fermiamo sempre volentieri a scambiare qualche parola con loro. Parliamo di come è andata la settimana, di calcio e, qualche volta, scappa anche un abbraccio con i più coccoloni.

Questa esperienza sta cambiando anche i nostri figli. Infatti, hanno imparato a condividere i giochi, gli spazi e, soprattutto, le nostre attenzioni. Ci sono stati e ci saranno ancora episodi di gelosia da parte loro. Io e mio marito siamo convinti che questa esperienza di accoglienza non tolga niente ai nostri figli, ma anzi che li arricchisca, che allarghi la loro sensibilità e il loro senso di amicizia e che faccia comprendere loro i valori più forti su cui spendere e progettare la vita. I fine settimana la nostra casa si anima, si riempie di allegria, di rumore, di idee e, a volte, anche di animate discussioni. Il frigorifero deve essere sempre ben pieno perché l’allegria mette appetito. A volte, domenica sera, quando la casa si svuota, sono un po’ stanca, ma comunque molto appagata e pronta ad accogliere questi ragazzi anche il week end successivo.

 

Non abbiamo la pretesa di sostituirci alla loro famiglia, ma di supportarli e accompagnarli nel periodo in cui sono lontani dai loro affetti. Se possibile mostrare loro come è una famiglia normale, con tutti i pregi e i difetti del caso. Spero tanto che possano prendere il meglio da ognuno di noi e che qualcosa possa essergli utile per diventare l’adulto che vorranno essere.

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